La tromba di don Ferdinando

Nella Napoli antica, assai vicino all'università a Mezzocannone,
vi sono, ad attirare l'attenzione, le trattorie pronte a uno spuntino.

Sono locali, non certo da abbuffata, dove si spendono solo poche lire,
tali da non farci immiserire, dandoci pure un poco di insalata.

E' mezzogiorno di molti anni fa; la trattoria è piena di studenti
e studentesse non molto avvenenti: mangian fagioli con grande serietà.

Il secondo è chiamato cotoletta, molto sottile, fritta in olio antico,
pane cafone le fa buon amico; alla fine la bianca sigaretta.

Si discute mandando giù bocconi, e gli argomenti sono molto vari,
si parla di ogni cosa, ed i contrari mettono il cuore nelle lor ragioni.

La porta a un tratto si vede spalancare: don Ferdinando entra nell'ambiente
con la tromba, portata celermente verso la bocca, pronta per soffiare.

Un urlo supplicante dal brusio: son gli studenti che con tono afflitto
"Don Ferdina' no...no...fermo, sta zitto, no non sunà pell'amore e' Dio!"

Con il piattino fa un giro tutto attorno; ogni studente gli dà qualche lira,
anche stavolta , questa è la sua mira, ha superato il tristo mezzogiorno.

Saluta con garbata cortesia, cacciando in alto il liso cappelluccio,
ripone poi la tromba nell'astuccio e passa svelto ad altra trattoria.

Si racconta che prima della guerra fosse fra i primi ottoni del San Carlo;
l'amor per una donna come un tarlo, lo consumò e lo ridusse a terra.

Prese una stecca in una sinfonia, il pubblico impietoso lo fischiò,
si prese dai colleghi lo sfottò, e come un cane fu cacciato via.

Vennero gli Alleati e fu sentito, pare, da un noto musicista americano;
lo misero com'era in aeroplano, portandolo in America a suonare.

Ma la sua donna scordare non poteva; disse "bai bai" a quella comitiva,
prese la prima nave che partiva, tornando a Napoli coi dollari che aveva.

Una brutta sorpresa era in agguato: la donna amata stava con un guappo;
nel cuore suo si provocò uno strappo: fu come se l'avessero ammazzato.

Non teneva più genio a lavorare, si ritrovava stanco e malandato,
aveva fame e, dopo aver pensato, decise di far finta di suonare.

L'ultima volta venne in allegria; fu qualche tempo prima di Natale:
gli era tornata la vena musicale, ...sentimmo il pezzo della sinfonia.

Infine salutò con un inchino, mettendo in testa il liso cappelluccio,
poi ci sorrise con un certo cruccio, noi l'applaudimmo... non girò il piattino.

Quando tornammo a festa già finita, ci ritrovammo in quella trattoria,
non lo sentimmo... se n'era andato via, abbandonando la sua triste vita.

Se n'era andato in una fredda sera, tenendo il suo tesoro stretto al petto:
chi non l'aveva lasciato mai negletto, era la tromba, l'amica più sincera.

Dissero che, nella notte di Natale, s'era sentito, nel ciel napoletano,
un suono che veniva da lontano, un suono che pareva angelicale.

Dissero anche che don Ferdinando era stato scritturato dal buon Dio:
s'era visto nel cielo il luccichio della sua tromba che stava suonando.

Italo Rappazzo