La pizza  da Ciro al Trianon

Quando finita era una lezione,
e a casa mia stavo per tornare,
bene trovavo sempre l’occasione
di fermarmi da Ciro per pranzare.
Con le pareti piastrellate bianche,
i tavoli di marmo rosa e grigio,
non con le sedie ma con rozze panche,
era un locale noto e di prestigio.
E don Peppino col volto imbellettato,
da farina e da salsa e lo capisco,
taglia un pallino di pasta lievitata
e poi la spiana fino a farne un disco.
La spruzza con farina dolcemente,
come si fa con bimbo appena nato,
poi la rigira molto celermente
facendola divenire sottil strato.
Il pomodoro sparge da una coppinella
e il sale e l’olio fanno compagnia
ai bianchi dadi della mozzarella
col basilico verde che allegria!
Con gesto lesto in un batter d’ala,
dopo avere attizzato bene il fuoco,
dentro il forno l’immerge con la pala
dove il caldo la cuoce poco a poco.
E’ con le fiamme che si compie il rito:
La si vede gonfiare tutt’intorno
e il centro fonde dalla salsa unito,
a volte il ceciniello è di contorno.
Naviga in mezzo come fosse in mare
la quintessenza fatta di bontà:
per un momento fa dimenticare
di certa gente la malvagità.

Italo Rappazzo